La stagione calda è già arrivata e c’è già chi cerca di sfuggire all’afa con il proprio condizionatore. Alcuni sono molto attenti ai consumi, in quanto i prezzi dell’elettricità ultimamente sono lievitati. Inoltre, si sa che i climatizzatori hanno un certo impatto sull’ambiente e, fortunatamente, ci sono persone che vogliono ridurre il consumo di corrente e le emissioni di calore.
C’è chi invece, incurante degli effetti di questo elettrodomestico sull’ambiente e dei costi in bolletta, accende il condizionatore e si gode temperature alquanto esagerate.
Per questi consumatori, c’è però un limite: si tratta della tassa sui condizionatori, un’iniziativa del Governo italiano passata alquanto in sordina al momento della sua pubblicazione, avvenuta nel 2017, per conformarsi alle direttive dell’UE sulla protezione degli ecosistemi. Non tutti i consumatori ancora oggi sono a conoscenza di questa iniziativa ed ecco perché abbiamo deciso di parlarne.
Che cos’è la tassa sui condizionatori? Come funziona? A quanto ammonterà?
Tassa sui condizionatori: in cosa consiste il provvedimento
Nel 2017, quando è stato avviato il primo censimento dei condizionatori in Italia, i consumatori hanno temuto che tutti i loro sforzi per risparmiare e trovare le offerte energetiche migliori potessero andare in fumo per via della tassa sui condizionatori.
Il censimento consisteva nell’analisi di ogni singolo climatizzatore in Italia per andare a individuare quelli non a norma, esattamente come si fa anche per gli impianti di riscaldamento. Sembra infatti che questi due dispositivi casalinghi abbiano un impatto simile sull’ambiente e che quindi vadano trattati allo stesso modo.
Per effettuare i controlli, è necessario che ogni possessore di climatizzatore sia dotato del famoso libretto per il condizionatore, o libretto impianto unico per condizionatore climatizzatori. Questo strumento serve non solo per raccogliere i dati sui consumi del condizionatore, ma anche per segnare le avvenute manutenzioni ogni 4 anni.
Queste sono necessarie qualora i nostri condizionatori superino i 10 kW nella stagione invernale e i 12 kW in quella estiva. I controlli sono fondamentali sia per una questione di sicurezza, per assicurarsi che l’utilizzo degli impianti di climatizzazione non arrechino danni alla salute dell’utente, sia per decretare la classe energetica di appartenenza e l’impatto sull’ambiente.
Il costo del controllo e quello della multa
Il provvedimento di legge, già nel 2017, aveva destato non pochi malcontenti tra i cittadini. Infatti, un controllo ogni 4 anni determina dei costi per l’uscita dei tecnici, mentre la mancata analisi del condizionatore porta a un’ammenda salata. Si tratta quindi di spese ulteriori che gli italiani devono affrontare per volere dello Stato.
La multa ammonterebbe a 200 o 300 euro in base alla potenza del condizionatore. Importante sapere che la tassa sul condizionatore spetta a chi lo utilizza: quindi, in caso di appartamenti in affitto, la multa è imposta agli inquilini.
Come funziona il censimento
Il censimento comincia dal recapitare delle lettere ai cittadini, contenenti un avviso a fare il controllo entro una certa data. A questo punto, l’utente deve chiamare un tecnico, il quale analizzerà l’elettrodomestico e segnalerà gli aggiornamenti sul libretto.
Sarà l’azienda stessa che effettua il controllo a segnalare l’impianto come a norma in caso di censimento. Qualora il cittadino si riveli inadempiente, scatteranno le ammende.
Quindi, non si può parlare di una vera e propria tassa sui condizionatori, ma più che altro di una spesa per effettuare i controlli onde evitare multe molto salate. Da non sottovalutare, poi, il ruolo delle aziende che effettuano i controlli, le quali devono occuparsi della formazione del proprio personale. I corsi, ovviamente, hanno dei costi, che verranno scaricati sul prezzo per l’analisi degli impianti dei clienti.
Perché imporre una tassa sui condizionatori
L’iniziativa del governo italiano, che ha approvato una legge che prevede delle spese ulteriori per chi possiede dei condizionatori, ha scopo di adeguamento alle direttive europee in materia di tutela ambientale e riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
È stato un processo burocratico avviato dal governo Letta nel 2014 e poi portato avanti dal governo Renzi nel 2017. La clausola prevede che anche chi ha l’aria condizionata deve avere libretti dell’impianto e bollini blu, proprio come gli impianti di riscaldamento.
Nonostante questa manovra sia stata letta come l’ennesima trovata del governo per guadagnare del denaro imponendo nuove tasse di poco conto, in realtà si tratta di un’iniziativa che può migliorare le condizioni ambientali delle nostre città.
L’aria condizionata di case, automobili, uffici e luoghi pubblici è tra le fonti di inquinamento più preoccupanti, in quanto viene usata massivamente da tutti i cittadini privati, spesso senza essere a conoscenza delle conseguenze (e senza che vi siano limiti imposti di consumo).
Per rinfrescare gli interni, infatti, si riscalda l’aria presente nell’ambiente. Innanzitutto, l’aria condizionata richiede corrente elettrica per essere emanata ed ecco che i consumi di elettricità aumentano e quindi anche l’utilizzo di combustibili fossili, in molti casi.
Tuttavia, questo è l’effetto indiretto dei climatizzatori sul nostro pianeta. Un monolocale dotato di climatizzatore, emette nell’ambiente 78 grammi di anidride carbonica ogni ora, se l’impianto è di classe energetica A+++ quindi la più efficiente. Per quanto riguarda, invece, un bilocale, la cifra si alza a ben 259 grammi ogni ora di anidride carbonica.
Contiamo poi che non tutti i consumatori acquistano un elettrodomestico ad alta efficienza energetica. Un condizionatore inefficiente, di classe addirittura F, per rinfrescare un appartamento di circa 80 metri quadrati emette in atmosfera 733 grammi di anidride carbonica ogni ora.
Ormai qualsiasi ufficio o luogo pubblico possiede al suo interno un impianto di climatizzazione. Viste le crescenti disponibilità economiche, sempre più privati decidono di investire del denaro per installare un condizionatore in casa. Il clima estivo è sempre più afoso e insostenibile, quindi l’uso di questi elettrodomestici è massivo. Ciò significa che nell’aria vengono emesse centinaia di migliaia di tonnellate di anidride carbonica ogni anno, solo in Italia.
La tassa sui climatizzatori potrebbe aiutare a migliorare l’efficienza energetica di questi impianti, riducendo al contempo le emissioni e giovando alla salute dei cittadini. Un piccolo passo, ma potrebbe davvero rivelarsi utile.